La centralità del paziente è uno degli obiettivi principali del Servizio sanitario nazionale.
Mettere il paziente al centro significa migliorare la comunicazione ed essere pronti ad ascoltare non solo i suoi bisogni, ma anche le sue richieste e le sue paure.
Un’assistenza che funziona, infatti, dà la stessa importanza sia alla fase preparatoria sia a quella operativa. Se la seconda è strettamente nelle mani dei clinici, la prima dovrebbe essere caratterizzata dal processo di empowerment del paziente.
Un cittadino più informato è più consapevole e può scegliere con maggiori competenze a quale terapia o trattamento sottoporsi.
Mettere il paziente al centro significa abbattere le rigidità del Servizio sanitario nazionale, da sempre organizzato in silos e non attorno alle esigenze del paziente. Un percorso di cura personalizzato deve infatti essere cucito sull’utenza e non sulle necessità amministrative e contabili dell’azienda sanitaria.
Ciascun paziente è portatore di una sua propria complessità e necessita di risposte specifiche, non di soluzioni “one size fits all”.
Eliminare i silos significa prima di tutto garantire una presa in carico multidisciplinare che abbatta gli steccati tra le varie specialità. In secondo luogo, integrare i sistemi di pagamento in modo che seguano la storia clinica del paziente, indipendentemente dal fatto che la prestazione sia erogata in ambito ospedaliero o sul territorio.
Per ottenere questi risultati, il primo passo da compiere è di natura organizzativa: occorre rivedere e mettere in discussione i modelli che da oltre 40 anni regolano il funzionamento delle aziende sanitarie.
Il secondo aspetto da considerare riguarda la tecnologia a supporto del cambiamento organizzativo. Il PNRR destina molte risorse per la “digitalizzazione dei processi clinici e l’ammodernamento del parco tecnologico”. Nel dettaglio, sono stati stanziati oltre 2,8 miliardi per la digitalizzazione e quasi 1,8 per il rinnovamento delle attrezzature.
Per poter usare al meglio queste risorse, oltre al cambiamento organizzativo già menzionato, è necessaria anche una rivoluzione culturale, i cui protagonisti sono il personale sanitario. Medici, infermieri e operatori devono ribaltare il loro punto di vista, imparando a utilizzare le tecnologie a sostegno della clinica e non viceversa e interiorizzando l’importanza della formazione continua. Solo così avremo persone in grado di sfruttare al massimo le potenzialità delle apparecchiature a disposizione e davvero orientati alla patient experience.
I pazienti sembrano avere chiaro ciò che desiderano: secondo il primo rapporto Censis-Janssen uscito nella primavera 2022, il 94,3% dei cittadini si aspetta una maggiore personalizzazione delle cure e il 92,9% percorsi di cura modulati sulle proprie esigenze personali, indipendentemente da dove questi sono erogati (domicilio, territorio, ospedale). Per quasi l’80% degli italiani, inoltre, è necessario incrementare le competenze digitali degli operatori sanitari e di pazienti e caregiver.
Tra le sfide più ambiziose c’è infatti la gestione del paziente sul territorio attraverso la televisita e il telemonitoraggio. Affinché questi strumenti funzionino bene, devono essere pienamente integrati con l’offerta ospedaliera: questo aiuta i clinici, già abituati all’interfaccia del software, e i pazienti - se adeguatamente assistiti nell’uso dello strumento - poiché risparmiano i costi e il tempo per lo spostamento e spesso possono usufruire di un’offerta più flessibile rispetto alla classica visita ambulatoriale.
Una soluzione che riesca a conciliare le esigenze di praticità di chi lavora in ospedale con i bisogni del paziente è vincente e permette di avere accesso alla storia clinica aggiornata del singolo individuo, indipendentemente da dove abbia ricevuto assistenza. Ottenere tutto questo significa andare oltre l’interoperabilità dei sistemi: indica un’attenzione alla costruzione di un sistema flessibile alle diverse situazioni avendo al centro la persona.