Parliamo di liste d’attesa in sanità. Per farlo, pensiamo a un caso concreto.
Ore 8. Stamattina Mario Rossi ha un compito arduo. Si affatica al solo pensiero di doverlo compiere. Ma tant’è, va fatto. In mano la prescrizione medica per una TAC, digita il numero di telefono del CUP. Aspetta il suo turno ascoltando, in viva voce, una voce registrata su sottofondo musicale stridulo e a volume inappropriato. Il telefono è appoggiato sul tavolo, lontano dal timpano. Persino il gatto scappa infastidito.
Risponde l’operatore. “Vorrei prenotare una TAC…”. Mario entra così nel lungo tunnel delle liste d’attesa in sanità, un cunicolo temporale tanto buio quanto stretto, che dovrà percorrere pur essendo, di fatto, malato. Tuttavia, al sofferente, il sistema richiede forza. Forza per attendere otto mesi un appuntamento all’ospedale della sua città oppure per viaggiare verso una struttura che può accoglierlo (guarda che fortuna!) fra soli due mesi. Forse per questo, i cittadini malati sono meglio identificati con il sostantivo “pazienti”. La pazienza non si limita più a qualificarli, ne sostanzia la natura.
Per l’ospedale, le liste d’attesa in Sanità rappresentano un problema pernicioso, quanto lo è una grave patologia per i milioni di Mario Rossi italiani. L’esito può essere infausto. E per almeno un paio di ragioni: l’abuso della pazienza dei cittadini si trasforma velocemente in un temibile danno d’immagine. Infatti, nella percezione dei pazienti, l’attesa prolungata è sintomo inequivocabile di gravi carenze organizzative e mancanza di trasparenza e responsabilità. Di conseguenza, i cittadini si rivolgono a chi è in grado di offrire più rapidamente lo stesso servizio sanitario. E, si badi bene, la fuga del paziente è un danno economico e, allo stesso tempo, un insuccesso manageriale. È indubbio che una soluzione definitiva al problema porterebbe cospicui vantaggi a tutti i soggetti implicati: manager, pazienti, personale sanitario.
Le dimensioni del problema delle lunghe liste d’attesa in Sanità sono due: da un lato, c’è quella percettiva, dall’altra, una più strutturale. Per entrambe la digitalizzazione può fare molto.
Si parte dal miglioramento di quella percettiva, attraverso una migliore comunicazione al paziente sul web. Il Governo italiano ha recentemente aggiornato il Piano normativo nazionale per le liste di attesa (2019-2021)1, che prevede, tra le altre cose, anche la divulgazione delle informazioni sui tempi di attesa sulle pagine web degli operatori sanitari. Tuttavia, come rivela una ricerca recente2, la Sanità italiana non ha ancora risposto in maniera omogenea all’esigenza di un sito web adeguato a informare sul waiting time (WT). Inoltre, i risultati dello studio suggeriscono che la maggior parte delle organizzazioni sanitarie in Italia interpretano la divulgazione pubblica online delle liste d’attesa in sanità come mera conformità alla legge invece che come una preziosa opportunità di interfaccia con il pubblico.
La dimensione strutturale del problema, invece, riguarda più concretamente l’organizzazione dei servizi e delle strutture sanitarie e può essere risolto efficacemente con una gestione data-driven della struttura ospedaliera.
I più recenti sistemi digitali sono capaci di organizzare e gestire strategicamente i dati strutturati, ma anche quelli non strutturati, come diagnosi, referti o quesiti diagnostici, attraverso gli algoritmi di Intelligenza Artificiale. Questa abilità li rende preziosi nella gestione della liste d’attesa in sanità. Visto che la scarsa disponibilità di appuntamenti è dovuta a un eccesso di domanda di prestazioni o esami specialistici, sistemi di questo tipo aiuterebbero migliorare l’appropriatezza prescrittiva e a rendere più efficiente l’organizzazione generale della struttura e del lavoro dei sanitari.
Forse Mario Rossi non comprenderà l’alta tecnologia che sta dietro a un servizio eccellente, ma certamente ne sarà grato.
1 Fonte: Ministero della Salute
2 Fonte: ScienceDirect